Molte Ong hanno intenzione di tornare in Afghanistan per aiutare le popolazione che sono allo stremo a condizione dei talebani.
CARE, Save the Children e l’International Rescue Committee (IRC) sono le prime organizzazioni non governative che hanno dichiarato di aver avuto ricevuto assicurazioni da funzionari talebani che le lavoratrici saranno autorizzate a svolgere le loro mansioni. Anche se le promesse dei talebani sono già state tradite dopo quelle fatte una volta tornati al potere nell’agosto del 2021, le ong decidono di riprovarci in Afghanistan.
I talebani avevano promesso di cambiare il loro approccio nei confronti delle donne rispetto a quanto fatto durante la precedente dittatura venti anni prima. Ma dopo pochi mesi hanno subito limitato tutti i diritti e le libertà alle donne. Il mese scorso hanno proibito alle donne di frequentare le università pubbliche e private. Anche le Ong in Afghanistan hanno avuto restrizioni tanto da denunciare l’impossibilità di proseguire le loro attività senza le donne.
L’intervento dell’Onu in difesa delle donne
Diversi alti funzionari dell’Onu sono giunti martedì a Kabul per “colloqui ad alto livello” dopo che il segretario generale Guterres ha denunciato “attacchi sistemici senza precedenti contro donne e ragazze afghane” e la creazione da parte dei talebani “dell’apartheid di genere”. La delegazione delle nazioni unite prima di arrivare in Afghanistan si sono consultati con diversi paesi della regione e non solo per discutere di “tutela dei diritti delle donne e delle ragazze, convivenza pacifica e sviluppo sostenibile”.
Due giorni fa Save the Children ha annunciato di aver ripreso in Afghanistan alcune attività, nei casi in cui sono state fornite garanzie affidabili per un pieno e sicuro ritorno al lavoro del proprio personale femminile. «In seguito al divieto per le operatrici umanitarie annunciato il 24 dicembre 2022 dal ministero dell’Economia, Save the Children aveva sospeso le sue attività. Il nostro personale femminile è essenziale per offrire in modo sicuro ed efficace i nostri servizi e non possiamo assolutamente operare senza di loro».
Le donne sono il 50% dei funzionari della Ong essenziali per raggiungere ragazze e donne. Dato che però il divieto è ancora in vigore le attività per le quali non ci sono ancora garanzie certe per le colleghe restano sospese. “Le attività che stiamo riavviando forniranno un’assistenza vitale, ma sono solo una piccola percentuale del nostro intervento” ha detto il direttore operativo della Ong.